lunedì 23 marzo 2009

La democrazia violata


Nel 1985 s'è consumato ai danni del popolo italiano un vero e proprio golpe istituzionale che nessuno tra i pretesi guardiani della democrazia s'é mai sognato di denunciare.

Il 12 dicembre 1977 nelle stanze sorde e grigie dei commissari della Comunitá Europea veniva emanata una direttiva (la n. 77/780) che, al fine di favorire condizioni di concorrenza degl'istituti di credito nel territorio comunitario, stabiliva una sorta di liberalizzazione dell'attivitá bancaria.

In Italia si diede attuazione a questa direttiva attraverso successivi provvedimenti legislativi, l'ultimo dei quali (il d.p.r. 350 del 1985) così stabiliva:

L'ATTIVITÀ DI RACCOLTA DEL RISPARMIO FRA IL PUBBLICO SOTTO OGNI FORMA E DI ESERCIZIO DEL CREDITO HA CARATTERE D'IMPRESA, INDIPENDENTEMENTE DALLA NATURA PUBBLICA O PRIVATA DEGLI ENTI CHE LA ESERCITANO. L'AUTORIZZAZIONE ALL'ESERCIZIO DI TALE ATTIVITÀ È RILASCIATA DALLA BANCA D'ITALIA .


Poche parole ma sufficienti a creare i presupposti d'una vera e propria sovversione istituzionale.

Infatti la natura dell'attivitá bancaria era stata fino a quel momento regolamentata dalle riforme del 1936 e dalla legge 141 del 1938 che così stabiliva:

LA RACCOLTA DEL RISPARMIO FRA IL PUBBLICO SOTTO OGNI FORMA E L'ESERCIZIO DEL CREDITO SONO FUNZIONI DI INTERESSE PUBBLICO REGOLATE DALLE NORME DELLA PRESENTE LEGGE. TALI FUNZIONI SONO ESERCITATE DA ISTITUTI DI CREDITO DI DIRITTO PUBBLICO, DA BANCHE DI INTERESSE NAZIONALE; DA CASSE DI RISPARMIO E DA ISTITUTI, BANCHE, ENTI ED IMPRESE PRIVATE A TALE FINE AUTORIZZATI. TUTTE LE AZIENDE CHE RACCOLGONO IL RISPARMIO TRA IL PUBBLICO ED ESERCITANO IL CREDITO, SIANO DI DIRITTO PUBBLICO CHE DI DIRITTO PRIVATO, SONO SOTTOPOSTE AL CONTROLLO DI UN ORGANO DELLO STATO CHE VIENE A TAL FINE COSTITUITO E CHE È DENOMINATO "ISPETTORATO PER LA DIFESA DEL RISPARMIO E PER L'ESERCIZIO DEL CREDITO".


La legge del 1985 cessava di qualificare come attività di "INTERESSE PUBBLICO" la raccolta del risparmio e l'erogazione del credito che così assumevano semplicemente "CARATTERE D'IMPRESA"; inoltre, dal controllo dello Stato si passava al controllo della Banca d'Italia, le cui quote, come pochi sanno, sono detenute dalle stesse banche private.


E tutto ció in palese violazione dell'articolo 47 della carta costituzionale che impone il controllo dello Stato sul credito e sul risparmio.

Da allora la giurisprudenza dei tribunali penali inizió a statuire che il precedente quadro normativo che stabiliva la natura pubblica dell'attivitá bancaria e, conseguentemente, qualificava come incaricato di pubblico servizio il banchiere, (anche di banca privata) quando operava come collettore del risparmio e come erogatore del credito e, dunque, puniva come malversazione o corruzione o concussione od abuso d'ufficio i comportamenti illegali che venivano tenuti in quell'ambito, NON poteva più avere vigore.Insomma, se chi erogava credito fuori dalle condizioni previste dalla legge o dai regolamenti interni o commetteva abusi nella gestione del risparmio era passibile di pesanti sanzioni penali, da allora in poi sarebbe ricaduto nella disciplina dei reati comuni ; assai difficilmente comportamenti abusivi dei banchieri - tranne casi limite di volgari sottrazioni di danaro - avrebbero potuto essere penalmente puniti.Pensiamo al caso Parmalat e ai fidi stratosferici concessi all'azienda, giá ampiamente decotta, di Tanzi e ai tanti crediti allegri concessi dai banchieri agli amici degli amici.Pensiamo alla gestione dei risparmi di tanti italiani, andata in fumo per la criminale propensione delle banche a contrabbandare come rendite sicure titoli ad alto rischio e destinati al macero.Da una situazione di tutela dell'aspetto sociale del credito e del risparmio si passava così ad una situazione di totale deregolamentazione. Non solo dal punto di vista del controllo penale sulle condotte ma, soprattutto, dal punto di vista sociale ed economico.L'attivitá bancaria, giá considerata MEZZO per l'ordinata crescita dell'economia diviene SCOPO ossia l'arricchimento di caste di speculatori al di fuori d'ognicontrollo da parte dello Stato.E le conseguenze le vediamo oggi.Chi ha qualche anno sulle spalle ricorderá certamente negli anni settanta (quando uno stipendio bastava a mantenere una famiglia, senza che questa si facesse mancare vacanze e automobile) quanti istituti bancari incontrava sul proprio cammino.

Oggi sono raddoppiati, ce ne sono dappertutto, sono spuntati come funghi dopo una pioggia (e, non a caso, il fungo ha natura parassitaria, non ha clorofilla, non nasce col sole) mentre sono diminuiti i negozi, le botteghe, gli artigiani e, al pari delle banche, sono aumentati i centri commerciali, in mano a grandi gruppi di capitalisti appetiti dalle banche ben disposte a finanziare chi é in grado d'offrir loro solide garanzie.E ben sappiamo che le banche non possono permettersi alti guadagni colla sola gestione del risparmio bensì con quella del credito; dunque piú banche uguale piú generale indebitamento.

CHE FARE ? MONETA DI STATO E CREDITO SOCIALE SONO LE SOLE RISPOSTE.

L'inversione della logica naturale (per cui il credito dovrebbe fungere da sostegno e volano dell'economia reale, mentre oggi si lavora e si produce per sostenere il credito erogato e l'economia virtuale) non potrá durare a lungo.Le leggi della logica sono come quelle della natura.Quando si cercó di costruire un'autostrada nella giungla amazzonica successe che i rampicanti, pian piano,cominciarono a bucare l'asfalto, finché il progetto non venne abbandonato.
Allo stesso modo, quando le banche, dopo aver prosciugato con tutti i mezzi i risparmiatori, smetteranno di concedere credito perché ben pochi potranno garantirlo con mezzi adeguati, cosa faranno visto che é proprio attraverso l'erogazione del credito che si possono arricchire ?E cosa succederá a tanti, famiglie e imprenditori, lavoratori autonomi e piccoli commercianti, privati del credito fino a poco tempo fa loro concesso ?La risposta sta nelle domande: si arriverá ad un corto circuito del sistema.E allora aspettiamo con pazienza un elettricista che incominci, per prima cosa a togliere tutti i fili e i cavi inutili, pericolosi, scoperti, a bypassare i circuiti e a semplificare il sistema, riducendolo all'essenziale, senza sprecare materiale.Un elettricista che faccia il proprio mestiere.
Lo Stato allora dovrá fare il suo: applicare la costituzione.
Tante volte invocata per tutelare i diritti dei cittadini, oggi va brandita come una clava per tutelare non i singoli cittadini ma l'intera comunitá, minacciata da una crisi economica strutturale.
Articolo 42: la proprietá privata é riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina...i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale.
Articolo 43: ai fini di utilitá generale la legge puó riservare originariamenteo trasferire allo Stato ad enti pubblici o a comunitá di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Articolo 47: la Repubblica incoraggia e favorisce il risparmio...disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.
Oggi la banca é diventata un'impresa (lo afferma una legge dello Stato emanata in applicazione d'una direttiva comunitaria), di proprietá privata ed esercita, nel proprio esclusivo interesse, attivitá di monopolio d'un servizio pubblico essenziale : il credito, sangue dell'economia, ossigeno per le imprese, speranza per le famiglie.
Lo Stato, giá privo della sovranitá monetaria detenuta dalla Banca d'Italia, da parecchi anni e grazie ad una normativa liberista non puó piú neppure esercitare la funzione di controllo dell'esercizio del credito, anch'essa graziosamente donata alla cricca bancaria in palese contrasto coi principi costituzionali.Contro questa folle tirannia, frutto d'una politica criminale, sta un solo rimedio.
In prima battuta lo Stato faccia proprie le quote della Banca d'Italia, trasferendole dalle mani private al Tesoro. Tale legittima e doverosa manovra porterebbe allo Stato il vantaggio di NON dovere piú ricorrere al prestito - col conseguente obbligo di restituzione di capitale e interessi alle banche private detentrici delle quote della banca centrale - per ottenere i fondi necessari alla sua politica di spesa.In seconda battuta lo stato trasferisca a sé stesso il monopolio del credito che deve ritornare ad essere strumento di crescita e di tranquillitá per le imprese, i lavoratori e le famiglie e non piú fonte di guadagno per la cosca dei banksters e dei loro guappi politici a libro paga.Sia erogato con saggezza a chi, per comprare una casa, per intraprendere un'attivitá, per mandare i figli a scuola o all'universitá ne farebbe buon uso non solo a vantaggio proprio e della propria famiglia ma anchedi tutta la comunitá creando nuovi posti di lavoro e nuova ricchezza.

Tutto questo lo si puó fare, la Costituzione lo consente e, soprattutto, lo impone un senso comune di giustizia.
Se chi ci governa volesse affrontare seriamente l'attuale crisi economica, ebbene questa sarebbe la prima indispensabile questione da affrontare.
Ma esiste questa volontá ? Questa classe politica ha la stoffa e il coraggio di ribaltare il tavolo e di ridare a Cesare quel che é di Cesare?Dopo l'uscita di Berlusconi sull'ipotesi di nazionalizzazione delle banche, abbiamo assitito ad una prevedibile marcia indietro e, dulcis in fundo, ad un decreto che autorizza lo Stato, precisamente il Ministero del Tesoro, a finanziare le banche mediante la sottoscrizione di obbligazioni emesse dagli istituti di credito.E ció, si dice, allo scopo di consentire alle banche una ricapitalizzazione che consenta l'erogazione di prestiti alle aziende. Ma questo non é altro che un misero palliativo mentre in situazioni di crisi strutturale come quella in cui ci troviamo occorrono soluzioni radicali e strutturali che il potere politico ha il dovere di perseguire semplicemente applicando le leggi fondamentali della Repubblica.
E Forza Nuova queste soluzioni le ribadisce.
In primo luogo lo Stato deve fare proprie, anche attraverso lo strumento dell'espropriazione, le quote della Banca d'Italia, attualmente detenute, nella stragrande maggioranza (circa il 98%), da imprese private, riprendendosi la sovranitá monetaria questa riguardando un "servizio pubblico essenziale - nonché una - situazione di monopolio (avente) carattere di preminente interesse generale ", condizioni indicate nel citato art.43 della Costituzione per legittimarne il trasferimento.In secondo luogo, data la funzione di disciplina, controllo e coordinamento che la carta costituzionale gli affida nei confronti del credito, é necessario che lo Stato, una volta ridivenuto dominus dell'emissione monetaria, ponga condizioni precise alle banche private per l'erogazione dei crediti, imponendo i tassi, favorendo le attivitá produttive (imprese e investimenti nell'economia reale) e quelle di sociale rilievo (acquisto e costruzione della casa, incentivi allo studio e alla ricerca) e garantendo il relativo credito col proprio capitale di emissione finalmente sottratto ai banchieri privati.
INIZIATIVE D'EMERGENZA: LA MONETA TERRITORIALE
Ma la classe politica ha la volontá di intraprendere una simile iniziativa? Perché non l'ha adottata sinora? La risposta é semplice, non lo puó e non lo vuole fare per l'evidente sua collusione col sistema finanziario, banchieri e politici garantendosi reciprocamente, in un patto scellerato, la mutua sopravvivenza.
Occorrono pertanto immediate soluzioni a livello locale e territoriale per fronteggiare la recessione e la scarsitá monetaria: bussare alle porte di sindaci ed amministratori chiedendo loro ció che la politica romanocentrica non ha la volontá di realizzare. Riprendersi la sovranitá monetaria, sottraendola al potere bancario.
Se é vero che lo Stato è la massima autoritá preposta ad intraprendere tutte le iniziative necessarie a risolvere le questioni sociali, attraverso interventi strutturali, economici e finanziari, non di meno quando la necessitá e la giustizia lo impongono anche un governo locale deve assumersi le proprie responsabilitá e provvedere secondo la propria sfera di competenza.
Giá cinque anni orsono la lista Alternativa Sociale, che vedeva al proprio interno Forza Nuova, propose la creazione d'un biglietto d'emissione comunale o provinciale da emettere in accordo colle associazioni di commercianti ed artigiani per far fronte alla crescente recessione, alla mancanza di liquiditá e per stimolare il consumo e il commercio.

Oggi, tale iniziativa si rivela ancor piú necessaria di ieri.
Tale biglietto, giuridicamente assimilabile ad un buono sconto, stampato dall'ente territoriale e venduto a metá del suo valore nominale, sarebbe spendibile presso tutti gli esercizi convenzionati che potrebbero accettarlo a partire da un quinto del prezzo della merce venduta.Tale biglietto sarebbe a sua volta spendibile da chi l'ha accettato anche per il pagamento delle sanzioni, dei tributi e di altre spese connesse ad adempimenti burocratici. L'ente emittente potrá anche darlo, in quota di pagamento ai propri dipendenti, qualora essi accettino.Non vi é alcuna preclusione legale poiché il corso non é forzoso e trattasi, giuridicamente, d'un buono sconto non rimborsabile.Tale circolazione favorirebbe il commercio locale e, soprattutto, i piccoli commercianti; creerebbe una rete di solidarietá sociale a scapito della grande distribuzione (che non potrebbe mai accettare una simile forma di pagamento), e a scapito della circolazione monetaria d'origine bancaria (bancomat, carte di credito, assegni e banconote) creando così un circuito sottratto alla mannaia degli interessi e delle commissioni bancarie, favorirebbe il consumo locale e, soprattutto, farebbe aumentare il potere d'acquisto dei propri soldi. Non da ultimo, costituirebbe un formidabile mezzo di finanziamento per l'ente pubblico territoriale (comune o provincia) che potrebbe, in conseguenza di ció, abbassare ai minimi le aliquote dei tributi di sua competenza e intraprendere piani di investimento sul territorio riducendo l'indebitamento.
Un esempio concreto: acquistati biglietti comunali (emessi dall'ente pubblico con un costo tipografico irrisorio) di valore nominale pari a 50 euro al prezzo di 25 euro, chi andrá a fare la spesa presso il negozio convenzionato su 50 euro di merce potrá pagare l'acquisto, come minimo, col 20% in biglietti comunali, del valore convenzionale di 10 euro, pagati peró al momento dell'acquisto 5 euro, ció che si risolve in uno sconto finale (minimo) di 5 euro, pari al 10% del prezzo originario.Il commerciante che accetta questa forma di pagamento sa, a propria volta, che potrá spendere il biglietto comunale presso altri negozi e pagarci i tributi, sia pur in forma complementare.Piú la moneta territoriale circolerá, piú saranno coloro che l'accetteranno come valida, sia pur sussidiaria, forma di pagamento; piú sará accettata piú crescerá la fiducia in essa e, conseguentemente, maggiori saranno le necessitá d'emissione e le quote di moneta territoriale che i negozianti accetteranno in pagamento; più accettazione di quote di pagamento per gli acquisti comporterá piú risparmio per le famiglie, in una spirale virtuosa e socialmente utile.
Avete dubbi sulla praticabilitá di questa iniziativa? Se utilizzate Internet, cercate il motore di ricerca "moneta locale" o "local money". E´giá stata adottata in molti territori dell'Unione Europea, Italia compresa (in Veneto girano gli "SCEC") ed ha incontrato l'approvazione della gente che si trova in mano una moneta accettata da tutti senza passare per le banche.
Chi non vuole queste riforme?
I banchieri in primo luogo ma anche i loro camerieri: e cioé la classe politica, da destra a sinistra.Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi vent'anni (destra e sinistra, senza eccezioni) hanno favorito in maniera scandalosa il potere bancario che é cresciuto in maniera parassitaria a scapito dell'economia vera, quella costituita dalla produzione e dal commercio.
E' ora di invertire la rotta, tagliando le unghie al sistema bancario, vero tumore della nostra economia, riportandolo al suo originario ruolo di servizio della comunitá.
Forza Nuova questo lo afferma da sempre, ció rappresentando uno dei suoi punti programmatici:
-tratto da I punti fermi di Forza Nuova-
5. Sradicamento dell'usura e azzeramento del debito pubblico
FORZANUOVA ritiene tra i suoi compiti urgenti la distruzione dell' usura con la soppressione delle bande criminali dedite allo strozzinaggio e sopratutto attraverso l'attacco all'interesse applicato su prestiti non produttivi. La banca deve essere riconcepita come istituto di vero credito popolare orientato verso il bene comune e pertanto controllato dallo Stato.
FORZANUOVA esige che venga cancellato il debito pubblico nei confronti del Fondo Monetario e di altri istituti, fonte di ingiuste imposte. Sia lo Stato, inoltre, a battere moneta negli interessi del popolo, sottraendo alla banca questo potere ingiustamente acquisito.
Solo così i popoli della terra si libereranno dall' ingiusto debito che sta portando miseria e fame in un mondo che grazie all'avanzamento tecnologico potrebbe vivere nell' abbondanza e nel benessere economico.



Avv. Correggiari
Vicesegretaro nazionale di Forza Nuova